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about me/testi critici

ASTRATTO?

Miriam Cascetti

Classe 1983, Marco Randazzo nasce ad Avola. Diplomato all'Accademia di Catania, si specializza in Arti Visive a Milano, dove oggi vive e prosegue la sua ricerca. Quella di Marco nei confronti della pittura è una sorta di necessità, una ricerca spontanea e audace che inizia già da giovanissimo, quando comincia a sperimentarla con l'uso di colori pastosi e accesi stesi sulle tele con grandi campiture materiche che, il più delle volte, sovrastano l'azione del segno sulla tela.

Oggi Marco è  un pittore consapevole e la materia è ancora al centro della sua ricerca. Nell'ultimo periodo suoi lavori lasciano grande spazio all'azione della linea, tesa a cercare la compiutezza della pittura insieme al colore. Il suo percorso artistico richiederebbe un'analisi analitica volta a comprendere i motivi che sono alla base della sua continua ricerca della perfezione. Essa risiederà nel caos dei colori o nella quiete di un monocromo bianco, in cui la linea conquista la sua idealità?

15 x 15

Giovanna Grande

Guardando queste forme geometriche perfette, che misurano esattamente 15 cm per 15 cm, con i loro angoli rigorosamente di 90° e i colori di sfondo incasellati in linee rette, viene da chiedersi se sia la creatività a intervenire su formati predefiniti o il contrario. Tutto fa pensare che, alla base di queste opere di piccole dimensioni, ci sia un mondo schematico dove persino i colori sono ordinati e racchiusi in spazi circoscritti e prestampati.

Se non fosse per i cerchi irregolari e mai uniformi, se non fosse per il significato custodito nell’onnipresente ritornello HO TUTTO IN TESTA MA NON RIESCO A DIRLO, se non fosse per le sbavature impercettibili che le rendono umane, reali e imperfette, ci sembrerebbe di trovarci di fronte a tele tecnicamente compiute, ma senza vie di uscita per l’arte.

HO TUTTO IN TESTA MA NON RIESCO A DIRLO.

Luciana Tiralongo

Per Marco Randazzo la pittura è un impegno totalizzante che pervade tutta la sua giovanissima vita e lo coinvolge completamente mettendolo costantemente in crisi. Crisi che, per nostra fortuna, sfocia in ricerca stilistica volta a trasmettere il suo messaggio mediante il segno e il colore. Un segno ed un colore in eterno conflitto e che in questo scambio si legittimano reciprocamente.

Quella di Marco Randazzo è un’arte astratta che nella sua essenzialità è la più adatta a veicolare il disagio di vivere in un tempo in cui il giovane artista sente di non poter esprimere il proprio potenziale e di essere nella impossibilità di farsi comprendere: “Ho tutto in testa ma non riesco a dirlo “ è il suo refrain.

L'ARTE SIAMO NOI

Serenella Spitale

Cerchi,  colori,  sfumature,  imperfezioni,  sporcature,  spaccature,  bruciature,  lettere  e segni, codici e pezzi  di  sé. L’opera  di Marco Randazzo può apparire  caotica,  richiedere al  fruitore uno  sforzo  di organizzazione  percettiva  non  indifferente.  Perché  l’animo  umano  è  consolato dall’ordine,  è  rassicurato  quando  dà  significato  alle  cose,  tende  per  sua  natura  a mettere ordine nel caos. Marco il proprio caos lo butta sulla tela, non ha paura di osservarlo, né di giocarci, non potendo esimersi anche lui dal ricercarvi un ordine. Tramite colori, cerchi, vortici, che come forze istintive si sovrappongono sulla tela, alla sua maniera, proietta immagini che probabilmente non riuscirebbe a spiegare con un altro linguaggio. Accetta il  proprio  disordine, sta nella  propria  confusione,  segno  che denota grande maturità emotiva e sforzo esistenziale.  Ma  l’istinto  umano  unito  a un’instancabile  ricerca  interiore  dell’artista  lo  spinge a

chiedersi cosa “ha in mente e non riesce a dire”, a trovare un nesso, un collegamento tra  sé  e  l’ambiente  che  lo  circonda,  ora  sono  i  legami  interumani,  ora  il  cosmo  o l’universo intero. 

Le  domande  si  sovrappongono  e  l’opera  cambia  faccia.  Compaiono  i  bordi,  le bruciature, elementi nuovi, più pensati forse, o semplicemente necessari per sfamare il bisogno di completezza. Tenta  di  chiudere  il  cerchio, di dare significato a ciò che di getto ha buttato lì sulla tela, di dare un significato alla propria opera, e così darsi risposte.          

FRAME

Mauro Mazzone

Nel pieno degli anni Sessanta gli studenti italiani ebbero per la prima volta l’occasione di leggere, nella loro lingua, lo scritto di Walter Benjamin dal titolo “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”. Quel testo che tutto era tranne che una critica di stampo luddista alle tecnologie fotografiche e cinematografiche degli anni Trenta, aprì il campo ad una proficua serie di riflessioni storico‐artistiche incentrate sul tema della tecnologia nel mondo dell’arte e sugli effetti che tali innovazioni avrebbero potuto sortire nel ventesimo secolo.

Oggi le opere di Marco Randazzo spostano la questione su un piano ulteriore e complementare, quello della leggibilità dell’opera d’arte creata tramite applicazioni e tecniche informatiche. Non è un caso il fatto che l’artista, in questi lavori, abbia spostato in posizione decentrata le consuete forme circolari già apparse in altri progetti, talvolta introdotte come ad evidenziare determinati sgocciolamenti di colore.

APPUNTI - VORTICI D'ARTISTA

Emanuele Cuciniello

La formazione di Marco Randazzo spazia dalle mediterranee contaminazioni della sua terra, la Sicilia, fino al formalismo accademico di Brera abbracciando al contempo tutto il meglio che l'arte italiana ha espresso. La sua produzione è molto variegata perseguendo, nel tempo, quella che possiamo definire una continua ricerca dell'io che si fa ricerca dell'uomo. Un'analisi di questa società, dove tutti gli schemi canonici che l'essere umano ha sempre conosciuto sono venuti meno lasciando l'individuo in balia di se stesso, in una collettività che i nuovi mezzi di comunicazione sempre di più ha trasformato in una solitudine di massa fatta di post telematici e immagini stereotipate. 

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